L’Italia è il Paese dei campanili e ha una vocazione tutta sua per dividersi in fazioni, appena capita l’occasione. Dalle infinite guerre tra Siena e Firenze si passò in epoca recente alle dispute sportive tra Guerra e Binda, tra Coppi e Bartali o tra Mazzola e Rivera. Anche la politica italiana, sarà perché assomiglia ormai ad una disputa sportiva e nulla più, vive di dualismi personali. A guardar bene i programmi di Pdl e Pd sono identici e comunque difficilmente gli impegni presi in campagna elettorale verranno mantenuti, ma la gente sembra ugualmente farsi prendere dalla febbre della competizione. Qualcuno riesce persino a credere che tra Veltroni e Berlusconi ci siano sostanziali differenze. L’unico che attende serenamente l’esito del voto senza alcun patema è Ronald Spogli, ambasciatore Usa in Italia. “Mi auguro un maggior impegno dell’Italia, come di tutti i paesi Nato - ha detto ieri Spogli nel corso di una conferenza stampa - e sono certo che ci sarà con il prossimo governo, quale che sia” l’esecutivo che uscirà dalle prossime elezioni politiche. Washington non si preoccupa, i vassalli italiani possono cambiare casacca, ma non certamente politica estera, almeno fino a quando l’Italia sarà una nazione a sovranità limitata e militarmente occupata dalle truppe yankee. Qualcuno pensa poi che esista un feeling particolare tra i democratici, specialmente Obama, e Veltroni così come un forte legame tra repubblicani Usa e Berlusconi, della serie “il mio amico George” leggi Bush del Cavaliere. Anche questo è un falso problema perché l’amicizia è un sentimento che si può coltivare solamente tra pari e questa non è la condizione dell’Italia rispetto al padrone Usa. Il prossimo inquilino di Palazzo Chigi, chiunque sarà, correrà a scodinzolare davanti alla Casa Bianca, a prescindere se il presidente sarà Obama, Hillary o McCain. Intanto, per esser chiaro, Spogli ha subito dichiarato che non potranno esserci cambiamenti decisionali sulla costruzione della nuova base di Vicenza. Precisazione inutile. Il via libera è giunto da un governo di centrosinistra, con tanto di sinistra cosiddetta radicale annessa (che poi faceva finta di protestare in piazza): figuriamoci se Berlusconi o Veltroni potrebbero fare marcia indietro.
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